Recensione: Sonata d’inverno – Dorothy Edwards

febbraio 07, 2022

Un romanzo tenue ed etereo, freddo e pungente all’esterno, all'interno caldo e avvolgente come l’abbraccio dell’inverno. Una storia che penetra nel profondo dell’anima e lascia senza fiato. Una potente e malinconica melodia che proviene da un altro tempo, da un luogo lontano, immerso in un paesaggio inglese dalla bellezza mozzafiato. Dorothy Edwards ci regala un gioiello della letteratura, un piccolo scrigno in cui è racchiuso un tesoro dal valore inestimabile.

 

Titolo: Sonata d’inverno
Autore: Dorothy Edwards
Genere: Narrativa
Editore: Fazi Editore

 

Trama

 

In un piccolo villaggio della campagna inglese che sa di Jane Austen quanto di Čechov, mentre l’inverno imbianca il paesaggio si dipanano le vicende sentimentali e sociali di una piccola comunità: due sorelle corteggiate a intermittenza, un cugino che non sa cosa fare di sé, una ragazzina ribelle che cerca di evadere da un contesto familiare soffocante, e il forestiero Arnold Nettle, giovane e cagionevole musicista trasferitosi in campagna per fuggire l’inverno cittadino. Le lunghe serate trascorrono tra goffe conversazioni ed esibizioni musicali che sono le sole ad animare la calma che avvolge il paese. Tutti, in cuor loro, aspirano a qualche indefinito mutamento, sperano in un attimo epifanico che possa imprimere alla vita un corso più deciso, ma la voce dei protagonisti rimane in gola, così come il rumore dei passi si perde nel silenzio ovattato dell’inverno.
La solitudine della condizione umana è la grande protagonista di questa storia, tratteggiata con pochi tocchi delicati, simili a quelli che animano le corde del violoncello suonato nelle buie sere invernali. Dorothy Edwards firma un romanzo quieto, intimo, nel quale lo stato d’animo dei personaggi prende corpo accordandosi con la musica e con il paesaggio, mentre si comincia a intravedere, in fondo alle strade innevate, l’inevitabile arrivo della primavera.

 

 

Recensione

 

Fin dai tempi dell’Arcadia di fine Seicento, l’ambientazione bucolica è da sempre stata molto affascinante, un teatro perfetto in cui rappresentare ogni tipo di romanzo, con i suoi paesaggi naturali di una bellezza mozzafiato, minuziosamente descritti dai migliori autori inglesi dell’Ottocento. “Sonata d’inverno” di Dorothy Edwards racchiude in sé un potenziale immenso, dalle sfumature che ricordano lo stile di Jane Austen fino ad arrivare al realismo tipico di Čechov, con una spruzzata di ironia e sarcasmo nel dipingere gli usi e i costumi di un periodo storico che, seppur molto lontano dal nostro, risulta sempre essere molto attuale.

 

Le nuvole attraversavano lentamente il cielo. C’erano momenti in cui la luna si vedeva a malapena sullo sfondo del cielo grigio e qualche volta scompariva del tutto. Attendeva che il sole scomparisse, ma questo insisteva con il suo tumulto di splendore nel cielo. Le nuvole soffici erano inondate dal pallido oro rossastro.

 

Il titolo stesso del romanzo, “Sonata d’inverno” è emblematico, poiché racchiude in sé i due elementi cardini del pensiero della scrittrice: da una parte l’idea della musica con il termine “Sonata” e dall’altra vi troviamo l’inverno, inteso non soltanto come la stagione fredda, ma anche come momento di immutabilità e staticità dell’essere. Il libro è composto da quattro grandi capitoli, esattamente come la Sonata in ambito musicale, suddivisa in quattro movimenti di andamento diverso. Essi sembrano scandire la vita stessa dei protagonisti susseguendosi giorno dopo giorno, incorniciati in un suggestivo ed incantevole paesaggio invernale, richiamando il fluire libero della musica, movimento dopo movimento.

 

A volte, quando andiamo in un luogo sconosciuto pieni di aspettative, capita che tra tutti i volti nuovi ne scegliamo uno in particolare a conferma che tutti i nostri desideri saranno esauditi.

 

Le descrizioni minuziose e dettagliate costituiscono il fulcro attorno a cui ruota tutto il romanzo: come un’importante chiave di volta, esse si rivelano fondamentali per la caratterizzazione dei personaggi e per comprendere alla perfezione il pensiero dell’autrice. Le azioni si ripetono pressoché identiche, ogni giornata è scandita da un ritmo lento e cadenzato, come la ripetitività dell’inverno, senza colpi di scena o avvenimenti che scuotono la quiete e la tranquillità di questo piccolo villaggio di campagna ottocentesco. Gli unici eventi mondani sono quelli relativi alla società dell’epoca: recarsi a far visita ad alcuni amici, prendere il tè alle cinque del pomeriggio e intrattenere gli ospiti, con la musica ad incorniciare questi momenti conviviali. È proprio qui, nel descrivere queste situazioni, che viene fuori la vena ironica della Edwards, con un sottile sarcasmo tanto pungente quanto sussurrato: un esempio ne è il personaggio di Mrs Curle, una donna che viene definita quasi “inutile” e poco socievole, dato il suo carattere apatico ed incline alla superficialità.

 

Olivia non ascoltava quello che stava dicendo, né quello che gli rispondeva Eleanor. Era stata colta da un’improvvisa sensazione di solitudine, così intensa, che il luogo e le persone intorno a lei, il giardino duro, pietroso, e gli alberi, spiccavano vuoti e spogli come se non avessero ulteriori implicazioni, come se lei avesse rinchiuso dentro di sé tutta l’immaginazione e l’affetto che avrebbe potuto dar loro vita e spessore. In quel momento provava un disgusto quasi insopportabile per la vita, una sorta di nausea.

 

Nel romanzo non vi è una vera e propria trama, piuttosto le vicende dei protagonisti si alternano tra loro, creando un intreccio particolare e al contempo quasi immobile, come la staticità della stagione invernale. All’inizio viene presentata la figura del giovane Arnold Nettle, nuovo impiegato all’ufficio del telegrafo, di salute cagionevole e dal carattere remissivo. La sua grande timidezza, infatti, lo rende incapace di mostrare i propri sentimenti. L’impossibilità di esprimersi lo caratterizza dall’inizio alla fine del libro, con un sottile filo di malinconia che lo collega alla figura di Olivia Neran, cugina del suo amico George, di cui sembra essersi perdutamente innamorato. Nonostante gli sforzi di socializzare con lei e la sua famiglia, non riesce ad ottenere alcun risultato, né tantomeno a dichiararsi. Il suo animo è puro e genuino come le note musicali del violoncello che ama suonare, le quali si librano melodiose nell’aria in questo freddo inverno senza luce alcuna.

 

Olivia sarebbe andata a trovarlo se avesse pensato che la cosa gli avrebbe fatto minimamente piacere, ma anche se era relativamente da poco che lui era ammalato, per lei ultimamente i giorni sembravano essersi allungati a dismisura e aveva l’impressione che il tempo si muovesse così lentamente, come un lungo “adagio, che Nettle nella sua mente occupava il posto di qualcuno che aveva incontrato qualche volta molti anni prima.

 

L’unico personaggio che sembra apprezzarlo davvero e preoccuparsi della sua salute cagionevole è George Curle, un giovane dall’animo buono e dal carattere amabile, con uno spiccato interesse per il dialogo e la filosofia. Egli mira ad un amore vero e sincero, frutto di un sentimento reciproco e senza costrizione alcuna, intenso e diretto proprio come la sua personalità, caratterizzata da un’indole gentile, arguta e sincera. In antitesi a lui vi troviamo Mr Premiss, giovane donnaiolo colto e intelligente, dalla personalità carismatica e un tantino irriverente. Il suo interesse verso la bellezza e il compiacimento che ne deriva dall’enorme e smisurata ammirazione che nutre nei confronti di sé stesso lo portano ad essere estremamente sicuro e donano alla sua figura un fascino irresistibile, una combinazione letale per qualunque donna.

 

<<Semplicemente essere belli per il piacere di esserlo, senza pensare a nessun altro. Non voglio dire che così ogni uomo si innamorerebbe di voi e principi e duchi si sfiderebbero a duello per voi – cosa che, naturalmente, accadrà, Miss Eleanor – ma semplicemente essere bella, come un fiore. Deve essere molto piacevole. Non è così?>>

 

Un Casanova d’altri tempi, come lo definiremmo noi oggi, in grado di conquistare l’ammirazione di qualsiasi fanciulla, comprese le due cugine di George, Olivia e in particolar modo Eleanor. Quest’ultima è la dolcezza fatta persona, contornata da un sentimento di allegria e felicità tale da suscitare immediata empatia nel lettore. I suoi grandi occhi blu incantano il mondo e chiunque si fermi a guardarli. Blu, il colore dell’inverno, del freddo, ma anche della bellezza di un cielo azzurro privo di nubi, come il suo animo gentile e radioso, ancora privo delle preoccupazioni tipiche dell’età adulta. Una ragazza da ammirare, la cui bellezza è meraviglia e stupore per chiunque resti a guardarla. Il fascino di Olivia è completamente diverso: lei è eterea, sfuggente, leggera come un fiocco di neve che cade silenzioso sul prato e si dissolve senza fare alcun rumore. Gli occhi scuri e profondi, adornati da lunghe ciglia nere, le conferiscono un’aria perennemente triste e smarrita, come se fosse all’eterna ricerca di qualcosa, in preda ad un tormento interiore che non riesce a placare e che la porta spesso ad isolarsi dal mondo esterno o a perdersi tra i suoi pensieri.

 

<<No, davvero, queste sono le cose belle dell’universo, una bella donna, e i bambini. Vedete, Miss Olivia>>, proseguì, <<c’è in entrambi una specie di attitudine naturale alla bontà; e dopotutto, è la bontà il vero segreto della vita>>.

 

Ma vi è un’altra che il nostro Mr Premiss è riuscito a conquistare: si tratta di Pauline Clark, giovane dal temperamento eccentrico ed irriverente, a tratti ribelle e testardo, in risposta alle costrizioni materne. La ragazza è da tutti definita “frivola”, in quanto il suo unico pensiero sembra essere quello di correre dietro ai ragazzi e di trarne in qualche modo piacere per il suo ego, smisurato ma privo di qualunque ricchezza e profondità. Solo il canto e la sua bellissima voce sono in grado di riscattarla agli occhi di una comunità rigida e severa, dimostrando ancora una volta come il potere della musica possa addolcire anche l’animo più ostile.

 

<<L’intero universo è circoscritto alla loro persona. Non riescono ad andare oltre sé stessi. Sono incapaci di amare un’altra persona come tu sei incapace di amare un abitante di Marte. È una fase molto interessante e persino molto bella dell’adolescenza>>.

 

Lo stile della scrittrice è aulico e ricercato, ma al contempo accessibile a tutti. Fornisce, attraverso minuziose descrizioni dell’ambiente, un quadro perfetto della campagna inglese di fine Ottocento, immerso in una staticità che ha dell’irreale. Il tempo sembra scorrere lentamente in una sorta di anello temporale ovattato e quasi immobile, avvolto in un’aura eterea e perlacea, come il bianco grigiastro del cielo che irradia le fredde giornate d’inverno o come il bagliore argenteo del chiaro di luna che illumina la notte in questo meraviglioso paesaggio. Anche il clima atmosferico è sempre quello, con un vento sferzante e rigido, tipico degli inverni freddi e pungenti e ogni giornata scivola via senza grandi cambiamenti. L’animo dei protagonisti si rispecchia in questo clima gelido, con eventi che si susseguono metodici e puntuali come il tempo scandito dalle lancette di un orologio, il cui pendolo oscilla incessantemente tra momenti di apparente allegria ed altri noiosi e apatici, in una visione quasi Schopenhaueriana della condizione umana.

 

I piccoli bucaneve che aveva raccolto si ergevano sul tavolo come bambini in tutta la loro innocenza, verde e bianca, cantando con voci sottili, infantili, una specie di inno al nuovo anno.

 

Il linguaggio dell’autrice è leggero ed etereo come un fiocco di neve che, volteggiando silenzioso nel cielo, si posa delicato sul terreno. Il colore che assocerei a questo romanzo è senza dubbio il bianco, colore della neve stessa e della purezza, lo stesso bianco da cui nasce un briciolo di speranza: alcuni fiorellini stanno sbocciando, simbolo della rinascita che porta con sé la primavera. Alla fine, la scrittrice ci lascia sospesi in un limbo, dove tutto può accadere con l’arrivo della bella stagione. Non vi è un vero e proprio finale, tutto riconduce ancora una volta al freddo dell’inverno, in una quiete così silenziosa da sembrare irreale. Una Sonata dal tema principale triste e dalle note malinconiche come l’incapacità di amare che appartiene ad ogni personaggio, una melodia dal sapore dolceamaro che sprigiona un tepore piacevole e avvolgente, come una calda coperta che scalda il cuore del lettore nelle fredde giornate invernali.

 

 

Riuscire a pensare a qualcosa di nuovo per far passare il tempo>>.

<<Ci sono concesse solo due possibilità a questo livello della nostra esistenza>>, disse George sorridendo con compostezza.

<<Possiamo discorrere di filosofia e innamorarci>>.







 












 

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