Recensione: La via del miele – Cristina Caboni
novembre 10, 2022Alice possiede un dono dalla potenza ineguagliabile, di cui non è ancora pienamente consapevole: le api riescono a parlarle, ad inviarle messaggi, proprio come quando era piccola e se ne prendeva cura insieme a sua nonna Mallena. Ma ora tutto è cambiato, le api l’hanno abbandonata lasciando l’alveare, in un disperato ed ultimo tentativo di scuoterla dal torpore in cui è piombata, senza rendersene conto. La sua vita è davvero così perfetta come sembra? Il miele le indicherà la strada…
Titolo: La via del miele
Autore: Cristina Caboni
Genere: Contemporary
romance
Editore: Garzanti
Trama
Dal tetto del palazzo, Alice riesce ad ammirare tutta Parigi.
Davanti a tanta bellezza, ciò che si è lasciata alle spalle non fa più così
male. Con sé ha portato solo la cosa più importante: le sue api. Lì, a decine
di metri d'altezza, c'è il suo alveare, un posto per lei magico. Ma ora le api
sono scomparse, e Alice sa che questo è un messaggio per lei. Loro da sempre le
indicano la strada. Così, quando il telefono squilla, capisce che tutto sta per
cambiare: sua sorella Emma, la persona che ha amato come nessun'altra, ma che
non sente da due anni a causa di una sciocca lite, non c'è più. Prima di
andarsene, però, le ha lasciato il dono più grande: sua figlia. Alice non sapeva
di avere una nipote e non ha idea di come si cresca un bambino. Non si sente
all'altezza. Deve trovare qualcuno che se ne prenda cura, anche se questo vuol
dire andare in Sardegna, l'isola che fa da sfondo a tanti racconti della sua
famiglia. L'isola dove vedrà le sue api volare leggere e riflettere il sole in
lampi d'oro. Dove anche l'amore avrà un significato nuovo. Gli odori, i sapori
e il vento di quella terra lontana faranno cadere una a una tutte le sue
certezze, mentre le sue radici riaffioreranno dalla terra. Perché per andare
avanti dobbiamo sapere chi siamo stati. Come un'ape che ricorda sempre la
strada verso l'alveare, abbiamo tutti bisogno di trovare un posto da chiamare
casa. Libro dopo libro, Cristina Caboni ha visto crescere il proprio pubblico e
scalato le classifiche. Per la stampa è ormai una certezza. Ora torna con un
romanzo che è un inno alla natura. L’autrice ci parla di quello che le sta più
a cuore, la magia delle api e la difesa del loro mondo. Una storia di scelte e
di legami familiari. Di amore e di speranza. Tra il fascino di Parigi e quello
della Sardegna, una ragazza prova ad abbattere le barriere che la dividono
dalla vera sé stessa.
Recensione
In questo secondo capitolo della
saga del miele, Abbadulche continua a brillare di sfolgorante bellezza, incantando
gli animi dei lettori: Cristina Caboni ha dato vita a una nuova storia in cui
l’amore per la natura si intreccia alla ricerca di sé stessi, in un connubio
che racchiude in sé l’importanza della vita stessa. Non si può cercare la
propria strada se prima non si è capito qual è il proprio posto nel mondo,
questo Alice deve ancora comprenderlo. Per affrontare tale cambiamento avrà
bisogno di allontanarsi dalla sua vita parigina apparentemente perfetta e
dirigersi dove la porta il cuore, o meglio, dove le ha indicato la sua amata
sorella: la Sardegna, terra che profuma di antiche tradizioni e natura
incontaminata, dove anche l’impossibile può diventare realtà…
A differenza di tante persone, lei teneva per sé i propri sogni. In realtà qualche volta li raccontava alle api. Non era esattamente lo stesso, ma a lei andava bene così. Le api erano presenti nella sua vita fin da quando aveva memoria. Sua nonna Maddalena, o Mallena come la chiamavano tutti in famiglia, le aveva insegnato il canto che le chiamava.
La vita di Alice Pascal Azara è
perfetta: un lavoro stabile e ben soddisfacente, con una posizione importante
all'interno di un'azienda di prim'ordine. Lei è una donna indipendente, dinamica
e intraprendente, così legata al lavoro da anteporre la carriera a tutto, fino
a sostituirla addirittura con il bene e la salute emotiva verso sé stessa,
senza accorgersi di morire dentro, ogni giorno di più, ogni minuto che passa.
L'anima, però, è difficile da ingannare e, nel profondo del cuore, la nostra
protagonista sa di non essere realmente felice: avverte un senso di vuoto, di
smarrimento, una solitudine latente che serpeggia attraverso l'inconscio e si
fa strada nella mente e nel cuore, offuscando i suoi occhi con un perenne velo
di malinconia.
Non era una che amava il rischio. Osservava, stabiliva obiettivi e strategie, pianificava, lavorava sodo. Lo faceva con pazienza e costanza. Teneva a distanza situazioni potenzialmente instabili. Niente caos nella sua vita. il caos conduceva all’errore, e da lì al fallimento c’era giusto lo spazio di un respiro. Lo sapeva bene.
Le api riescono a parlarle,
l’hanno apparentemente abbandonata lasciando il loro alveare sul tetto
dell’Opéra, ma in realtà le stanno lanciando dei potenti segnali per scuoterla
dal torpore della quotidianità in cui lei stessa si è intrappolata,
rinchiudendosi in una gabbia dorata e lussuosa, dai confini invalicabili. Ma la
sua vita sta per essere sconvolta da una notizia atroce, la morte della sorella
Emma, con la quale i rapporti si erano logorati già da qualche anno. Una
lettera, scritta dalla giovane prima di morire, contiene per Alice una
rivelazione senza eguali: Emma le affida sua figlia, la piccola Amélie,
indicandole un nuovo sentiero da seguire per ritrovare la sua vera anima.
Questo luogo porta un nome, Abbadulche, un’isola della meravigliosa Sardegna,
il cui nome racchiude un segreto di vitale importanza: il suo destino.
<<Stai tranquilla, filla mia. Tutto si sistema. Niente dura per sempre, nemmeno il dolore. Io lo so, credi a me.>>
Dopo la morte di Emma, nulla
sembra essere più come prima: sua sorella era uno spirito libero, dall'animo
puro e gentile, un angelo biondo in grado di illuminare con la sua forza e il
suo carisma il cammino della vita delle persone che la circondano. Da eterna
sognatrice, non aveva mai i piedi per terra, amava librarsi nell’aria cavalcando
il mare sconfinato della libertà, combattendo contro la staticità del mondo reale,
troppo ingabbiato in stereotipi vuoti e futili, attorno a cui la gente si
trincera per sentirsi al sicuro. Ogni fotografia che scattava era un'immagine
di sé stessa, della sua anima, riflessa nella bellezza della natura di cui
amava circondarsi, una prova della sua genuinità come persona e come donna. La
forza che possedeva le ha permesso di affrontare qualsiasi dolore, anche il più
atroce, a testa alta, senza perdere mai il sorriso e la gentilezza. Una donna
senza eguali, disposta a sacrificare la sua stessa vita per donarla alla
figlia, la piccola Amélie, prolungamento della sua bellezza e bontà d'animo.
Destinata a rimanere sola troppo
presto, Amélie si aggrappa anima e corpo alla vita, ai nonni e soprattutto alla
zia, non soltanto per istinto di sopravvivenza ma anche per indicarle la strada
da seguire. Emma e Alice, due sorelle così profondamente diverse, con
personalità molto forti e completamente in antitesi tra loro, unite dal filo indistruttibile
della famiglia e del destino, rosso come il sangue che condividono e potente
come l’affetto che le lega l’una all’altra. L’amore che le unisce, nonostante
le incomprensioni e le difficoltà, non conosce limiti, attraversa e valica i
confini della morte stessa concretizzandosi e prolungandosi nella figura di
Amélie. Mi piace vedere la piccola come una sorta di “spirito guida” della protagonista,
perché è innanzitutto grazie a lei e al desiderio di garantirle una vita
migliore che Alice troverà il coraggio di compiere il grande salto e dirigersi
ad Abbadulche, in cerca delle risposte che il suo cuore le chiede a gran voce.
Riuscirà a trovarle?
Il miele, da sempre, Alice lo sapeva, era stato il suo talismano. E come tale agì anche quella volta, infondendole la forza che stava disperatamente cercando altrove, ma che invece era dentro di lei.
Alice lascia il lavoro e la sua
splendida vita parigina per volare in Sardegna, l’isola dell’amata nonna Mallena,
luogo che racchiude tanti segreti. Il fidanzato Gérard preme per farla tornare
a casa, ma una volta arrivata in Italia, la nostra protagonista perde il senso
dell’orientamento e rimane stordita dalla bellezza in cui è immersa l’isola di
Abbadulche, così primordiale e legata alla natura. Anche la gente le parla in
modo diverso, si interessa a lei e cerca di aiutarla, pur non conoscendola:
Giuseppe, ad esempio, padre della piccola Anna e cugino della nota Angelica Senes,
si interessa subito a lei, cercando di donarle il conforto e l’appoggio di cui
ha bisogno.
<<Un cucchiaino di miele e la vita ti sembra più bella.>>
Ben presto, Alice si rende conto
che gli occhi iniziano a brillarle quando parla di Giuseppe, che la sua
compagnia le è diventata indispensabile, come l’aria che respira… sarà davvero
amore? A tutto questo si intreccia il mistero della paternità di Amélie, un
rebus apparentemente irrisolvibile, un puzzle composto da fotografie dell’album
appartenuto ad Emma, risalente al periodo in cui la donna alloggiava sull’isola
sarda. Immagini di un passato recente eppure così offuscato ed enigmatico,
simbolo di una verità nascosta e troppo a lungo taciuta, destinata a venir
fuori travolgendo la vita di numerose persone.
<<Lo devi mordere, ecco, così, filla mia. Chiudi gli occhi perché è dentro di te che lo devi vedere il miele. È quella la strada giusta.>>
Cristina è riuscita a dipingere
con le parole un paesaggio meraviglioso, immerso nella natura incontaminata,
popolato da api magiche e persone del cuore immenso, dolci più del miele.
"Abbadulche", luogo di fantasia, è un'isola della Sardegna nel cui
nome è scritto un destino: “Acqua Dolce", una sorgente immersa nelle profondità
del bosco, dove il miele speciale, frutto del lavoro delle cosiddette “api
d'oro”, dal tronco dell'albero scivola direttamente nell'acqua, come linfa
vitale, rendendola dolce e profumata. Ma non è soltanto il nome di quest'isola
ad avere un destino già scritto: Abbadulche ti cambia, ti tempra, ti mette alla
prova insinuandosi nelle pieghe dell'anima più profonde, facendoti mettere in
discussione tutto ciò che credevi fosse stabile e fondamentale.
Un terremoto di emozioni e
dolcezza, in cui fiumi di miele e sorgenti dall'acqua pura e dolce si
intrecciano al ronzio delle api laboriose, un tappeto di suoni creato dalla
natura stessa che, per troppo tempo, in altri luoghi, è stata trascurata.
Custodi che innalzano il loro canto alla madre terra, con le loro voci
angeliche, simbolo di una sensibilità, di un dono innato che si tramanda di
erede in erede, di donna in donna, una sorta di patto infrangibile tra la
natura e l'essere umano, per il rispetto e la tutela delle meraviglie che ci
circondano, di cui troppo spesso ci dimentichiamo. Le parole della Caboni ci
spingono a riflettere, ci spiegano che non è mai troppo tardi per ritrovare la
nostra strada e continuare a sognare, costruendo la vita mattone dopo mattone,
giorno dopo giorno, senza perdere di vista i valori essenziali e il rispetto
profondo per la natura che ci circonda. Perché Abbadulche è attorno a noi, nelle
api, nei fiori, nell’aria che respiriamo, nella potenza evocativa di un
temporale d’estate, nei lampi dorati del sole che illumina le nostre giornate: è
la nostra Madre Terra, se solo ci ricordassimo di non distruggerla.
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