Recensione: Il giro di vite – Henry James

maggio 09, 2023

Un racconto breve ed intenso, scritto da una delle penne più amate della letteratura inglese: Henry James. Una storia lontana nel tempo, in cui il sovrannaturale si mescola alla realtà, incorniciato in un clima di staticità e di puro terrore che avvolge Bly, la grandiosa villa in cui è ambientato questo piccolo romanzo. Presenze sovrannaturali, spaventose ed oscure, che intaccano l’innocenza e la bellezza di due bambini, Miles e Flora, instaurando un sinistro collegamento con un mondo di cui è meglio non sapere…

 

Titolo: Il giro di vite
Autore: Henry James
Genere: Racconto horror/gotico
Editore: Fanucci Editore

 

Trama

 

La storia inizia quando un’istitutrice arriva in una tenuta nella campagna inglese per occuparsi di Miles, dieci anni, e Flora di otto. Tutto sembra procedere normalmente, finché una serie di eventi disturbanti dà vita a un clima di terrore. Una notte, la nuova istitutrice assiste all’apparizione di un fantasma: si tratta dello spirito del defunto Peter Quint, valletto dell’assente padrone di casa, nonché amante della signorina Jessel, la precedente istitutrice. Il fantasma della stessa signorina Jessel appare sia alla donna che a Flora, e si sospetta che i due spiriti si siano mostrati anche a Miles. Tuttavia, entrambi i fanciulli si rifiutano categoricamente di ammettere la loro presenza, nonostante parecchi indizi facciano pensare a una comunicazione privata, maligna e manipolatoria fra gli spiriti e i bambini.

Senza ricorrere a catene sferraglianti, rumori demoniaci e altri cliché tipici della ghost story, questo racconto elegantemente composto riesce a creare un’atmosfera di tensione e orrore striscianti come pochi altri nel genere.

 

Recensione

 

“Il giro di vite” è un racconto scritto dal celebre autore inglese Henry James e pubblicato nel 1898, da inserire a pieno titolo nella letteratura di stile gotico per l’ambientazione descritta e per gli elementi tipici dell’horror di cui la storia è permeata, come l’inquietante presenza di spettri e ciò che si cela dietro di essi. La storia inizia con un narratore anonimo che ricorda la sera di una vigilia di Natale in cui, all’interno di una vecchia casa, gli ospiti si raccontano storie di fantasmi. Uno tra questi, Douglas, decide di narrare la vicenda che vede protagonista Miss Giddens, l’istitutrice di sua sorella morta vent’anni prima, arrivata in una magione immersa nelle campagne dell’Essex come istitutrice di Miles e Flora, due bambini orfani di entrambi i genitori.

 

Douglas, una volta ottenuti i manoscritti in cui è narrata la storia, inizia a leggere il diario e la parola passa alla giovane Miss Giddens, cambiando punto di vista. Lei è stata assunta in seguito alla prematura morte della precedente istitutrice, la signorina Jessel, nell’immensa villa di Bly, dove vivono Miles e Flora, accuditi dalla vecchia governante, la signora Grose e sostenuti economicamente da uno zio sempre troppo impegnato in città per prendersi davvero cura di loro. A distanza, egli risulta essere una figura sfuggente e misteriosa, soprattutto per le parole che utilizza nei confronti della nuova istitutrice e del compito che le viene affidato: dovrà restare a qualsiasi costo e non dovrà coinvolgerlo o disturbarlo in nessun modo. Cosa si nasconderà dietro le mura di questa casa maestosa e al contempo così inquietante?

 

I due bambini racchiudono, nella loro personalità, una perfetta e terrificante antitesi: alla loro esuberante fanciullezza e all’incantevole grazia innata di cui sono dotati si contrappone un qualcosa di sinistro e nebuloso, racchiuso nell’anima, che si dischiuderà e sprigionerà tutta la sua spaventosa natura in maniera lenta e graduale, man mano che si prosegue nella storia. La giovane istitutrice è incantata dalle doti e dalla vivacità della piccola Flora e, quando arriva a Bly una lettera in cui Miles viene espulso dalla scuola che frequenta, Miss Giddens fatica a crederci: come può essere che una creatura così ben educata sia cacciata dall’istituto? Ma, col tempo, imparerà che non è tutto oro ciò che è luce e che dietro una finta innocenza, in realtà si nascondono oscure presenze…

 

Si fermò all’altro capo, ma meno a lungo stavolta, e anche mentre si girava per andarsene, continuò senza pudore a fissarmi intensamente. Poi si voltò, e fu tutto.

 

L’istitutrice inizia ad aprire gli occhi in seguito a degli avvenimenti che hanno dell’incredibile: delle apparizioni di fantasmi che si mostrano a lei in tutta la loro terrificante verità. Grazie alle informazioni che le fornisce la signora Grose, sua unica amica e confidente in quel luogo sinistro, Miss Giddens riesce ad identificare le oscure presenze che la perseguitano: sono Peter Quint, ex maggiordomo della tenuta, e la signorina Jessel, la precedente istitutrice, entrambi morti e connessi tra loro da una relazione morbosa avvenuta in passato. A queste terrificanti apparizioni si intrecciano le vite di Miles e Flora, che sembrano legati a queste figure inquietanti tramite un collegamento intangibile e spaventoso, che avvolge l’atmosfera dell’intera casa e delle loro stesse vite. La protagonista si convince che i due fantasmi mirano a portar via i bambini e inizia così una lotta sfiancante per sottrarli al loro influsso.

 

Il racconto, scritto magistralmente da Henry James, è breve e intenso, ho apprezzato la lentezza nelle descrizioni, la struttura intricata e misteriosa della trama che si intreccia ad un elemento fondamentale in questo romanzo breve: il silenzio. Le pause e tutto ciò che nel romanzo non viene detto non fanno altro che creare nel lettore una duplice sensazione: da una parte abbiamo la curiosità che, pagina dopo pagina, ha bisogno di essere nutrita, mentre dall’altra l’inquietudine e il dubbio si instillano in maniera lenta e subdola nella mente, sino a sfociare nel vero e proprio terrore, in una paura talmente forte che pianta le sue radici nella profondità dell’anima, impossibile da cancellare.

 

Henry James è il maestro del “non detto”, dell’ambiguità che si nasconde dietro ogni parola e che, in maniera impeccabile, è celata nella struttura stessa di questo racconto. Il lettore, pagina dopo pagina, si pone domande, vuole sapere, spera in ogni modo che si arrivi ad una conclusione in cui i suoi dubbi vengano finalmente dissipati. Ma l’autore non lascia trasparire nulla, in una cornice vaga ed incerta tutto appare nebuloso e, centellinando il tutto, Henry James fornisce a poco a poco solo una parte delle risposte alle domande che scaturiscono da questa terrificante storia. L’antitesi tra bene e male è presente dall’inizio alla fine e si insinua nell’animo di chi legge senza alcuna pietà: è l’istitutrice ad essere impazzita oppure succede davvero qualcosa di strano nella sinistra magione di Bly? I bambini, così angelici e privi di qualsiasi forma di cattiveria, chi sono in realtà? Siamo davvero sicuri che siano così dolci e innocenti, oppure dietro di loro si nascondono oscure presenze? Magari tutto questo potrebbe essere il frutto della fantasia di Miss Giddens, così precisa nel suo dovere di istitutrice da risultare a tratti ossessiva…

 

Dovevano davvero essere adorabili, e lo sento anche adesso, se non sono arrivata a odiarli in quei giorni! Sarebbe sta l’esasperazione, allora, se il sollievo avesse tardato ancora a lungo, a tradirmi alla fine? Poco importa, perché il sollievo arrivò. Lo chiamo sollievo, se sollievo può dirsi la rottura di una corda tirata, o lo scoppio di un temporale in una giornata soffocante. Ma almeno fu un cambiamento, e giunse come una furia.

 

Il narratore è freddo come le pietre con cui sono costruite le mura di Bly, come gli occhi algidi e inquietanti di Miles e Flora, che mostrano all’apparenza vivacità e bellezza. La suspence è ben dosata e tiene in pugno il lettore stringendolo in una morsa stretta e serrata, intrappolandolo in una spirale di paura e terrore mescolata ad un senso di straniamento e mistero che permane fino alla fine del racconto e anche oltre. Ci vuole pazienza per apprezzare i silenzi, i dubbi e le descrizioni che Henry James dissemina in questo breve romanzo, quel gioco di “detto” e “non detto” così ben misurato e ambiguo da risultare complicato e perfetto allo stesso tempo. L’atmosfera è cupa, la linea del soprannaturale è sottilissima e incerta perché non viene mai palesemente varcata dall’autore, che resta sempre sospeso in un limbo di vaga incertezza. Dove si trova la verità? Cos’è realmente successo a Bly?  

 

 







You Might Also Like

0 comments

Popular Posts

Like us on Facebook

Instagram