Recensione: Circe – Madeline Miller

aprile 27, 2022

Un romanzo intenso, che tratta il tema della mitologia greca in maniera originale e innovativa. Alla riscoperta di Circe, una maga da sempre dipinta come un personaggio quasi malvagio, negativo, quando in realtà non vi è niente di più lontano da questo: fin da piccola, incompresa e maltrattata dalla sua stessa famiglia, dal suo stesso sangue, esiliata e costretta a vivere in solitudine solo per voler emergere e mostrare la sua vera natura. Circe, un incantesimo tradotto in parole, che vi lascerà senza fiato ad ogni pagina che leggerete, portandovi a rivalutare e a rimettere in discussione tutto ciò che credevate di sapere su una delle più grandi maghe della mitologia classica.

 

Titolo: Circe
Autore: Madeline Miller
Genere: Narrativa
Editore: Feltrinelli

 

Trama

 

Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull'isola di Eea, non si perde d'animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino - con l'ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l'astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché - non più solo maga, ma anche amante e madre - dovrà armarsi contro le ostilità dell'Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov'è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare. Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito greco e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità.

 

Recensione

 

Chi non ha mai sentito parlare della celeberrima maga Circe? Anche chi non ama la mitologia greca, almeno una volta nella vita, ha avuto modo di imbattersi in questa figura, volente o nolente. L’incantatrice che, con un fascino ammaliante e senza eguali, strega chiunque si trovi sul suo percorso anche con un solo sguardo. Tutti la conosciamo come la maga che ha irretito Ulisse, trattenendolo con sé nell’isola di Eea e trasformando i suoi uomini in maiali con un potente incantesimo. Già questo basterebbe a farcela catalogare come un personaggio “cattivo”, negativo… ma sarà questa la vera Circe? Vi siete mai chiesti il vero perché delle sue azioni? Bene, questo romanzo nato dalla penna di Madeline Miller rimetterà in discussione ogni vostra certezza, siete pronti a lasciarvi “sconvolgere” e a conoscere davvero la figura di una delle maghe più famose e potenti di tutti i tempi?

 

I due erano intelligenti e capirono subito come stavano le cose. Amavano burlarsi di me celandosi dietro le loro zampe da ermellini. I suoi occhi sono gialli come piscio. La sua voce è stridula come quella di una civetta. La chiamano Sparviera, ma dovrebbero chiamarla capra per quanto è brutta.

 

Circe è la figlia di Elios, dio del sole, appartenente alla stirpe dei titani, da sempre in velato contrasto con le divinità dell’Olimpo, mentre sua madre è la bellissima ninfa Perseide. Ma Circe è diversa, sin dall’inizio si nota in maniera evidente la differenza tra lei e la famiglia e, più in generale, verso tutti gli dèi: lei è impetuosa, forte, dal carattere dolce e sensibile ma al contempo ribelle e indipendente. Le sue sorelle, dagli splendidi capelli dorati, possiedono la bellezza straordinaria di tutte le naiadi, ereditata dalla loro madre: entrambi i genitori sono orgogliosi del loro splendore e ne vanno immensamente fieri. La giovane Circe, invece, viene disprezzata apertamente da tutti: ha la voce “stridula” perché di natura “umana” e non “divina”, unita a un carattere ribelle e, a loro avviso, senza la minima traccia di bellezza. L’unico con cui Circe sembra aver stabilito un legame è suo fratello Eete, personaggio controverso e misterioso, dal carattere taciturno e altezzoso. Entrambi hanno molte cose in comune, è l’unico tra gli dèi a provare un po’ di stima per la sorella e le sta vicino quando nessun altro è disposto a farlo, rappresentando l’unico legame concreto con la famiglia.

 

<<Hai aiutato i mortali>> dissi. <<È per questo che vieni punito.>>

<<Sì, è così.>>

<<Dimmi, come sono fatti i mortali?>>

Era una domanda da bambini, ma lui annuì con gravità. <<Non esiste una sola risposta. Ognuno di loro è diverso. L’unica cosa che li accomuna è la morte. Conosci questa parola?>>

<<Sì, la conosco>> risposi. <<Ma non la capisco.>>

<<Nessun dio la capisce. I loro corpi si sgretolano e finiscono nella terra. Le loro anime mutate in fumo freddo volano nell’oltretomba. Dove non mangiano, non bevono e non sentono alcun calore. Ogni cosa che cercano di afferrare sfugge alla loro presa.>>

Mi sentii accapponare la pelle. <<Come riescono a sopportarlo?>>

<<Fanno del loro meglio.>>

 

In realtà Circe nell’Olimpo si sente un pesce fuor d’acqua: è un mondo che non le appartiene, pieno di divinità altezzose e capricciose che, per non annoiarsi, non fanno altro che punire o innalzare i mortali dalla mattina alla sera, a loro piacimento, senza un reale motivo. La nostra protagonista, sin dall’inizio, empatizza molto di più con gli umani che con la stirpe divina, tanto da scegliere come suo primo amore il pescatore Glauco, di cui si innamora perdutamente. Ma Circe sa benissimo che il tempo non perdona e costituisce un grande ostacolo per i mortali: prima o poi il suo amato invecchierà e sarà costretta a dirgli addio per sempre, mentre lei resterà in vita, a sentire la sua mancanza in eterno… cosa fare se non chiedere aiuto alla famiglia per cambiare la natura di Glauco da “umana” a “divina”? Il giovane verrà fuori finalmente per quello che è, un uomo sciocco, povero di spirito e privo di qualunque razionalità o forma di amore, tranne che per sé stesso. Una perfetta divinità, come converrebbe dire, che si trova pienamente a suo agio tra gli immortali. La prima delusione è quella più difficile da accettare, il cuore di Circe si è spezzato, frantumandosi in mille pezzi, insieme alla flebile speranza di un amore puro e sincero, che sperava venisse ricambiato.

 

Mi accasciai nella polvere, piangendo. Quei fiori avevano realizzato la sua vera essenza, che era azzurra, con pinne, e non mi apparteneva. Credevo che un simile dolore mi avrebbe uccisa, nulla a che vedere con il deprimente intontimento che la partenza di Eete mi aveva lasciato, ma acuto e feroce come se una lama mi trafiggesse il petto. Naturalmente, però, io non potevo morire. Avrei continuato a vivere, ogni singolo bruciante momento fino al successivo.

 

Proprio per la sua capacità di empatizzare con gli umani e di entrare in contatto con loro, Circe verrà esiliata sull’isola di Eea, in completa solitudine, come punizione da parte degli dèi. Ma questa condanna, in realtà, si rivelerà ben presto la sua salvezza: immersa nel verde incontaminato dell’isola, la nostra ninfa capirà qual è la sua vera natura, scoprirà di essere una potente maga e imparerà, con tempo e dedizione, a gestire e controllare i suoi immensi poteri. Il vero motivo del suo esilio è proprio la paura delle divinità nei suoi confronti, verso il suo dono magico, verso i pharmaka che gestisce tanto bene e potrebbe decidere, un giorno, di usare contro di loro. Ma gli obiettivi a cui mira la maga sono ben altri: liberarsi per sempre dal giogo soffocante e mortificante della famiglia e, per estensione, dal mondo sciocco e superficiale degli dèi, per essere finalmente libera di vivere la sua vita.

 

Lasciate che vi dica cosa non è la magia: non è un potere divino che sgorga con un pensiero e un batter d’occhi. La magia dev’essere creata e plasmata, pianificata e investigata, estratta, essiccata, sminuzzata e macinata, bollita, evocata con parole recitate e cantate. E ancora, può fallire, come agli dèi invece non succede. Se le mie erbe non sono abbastanza fresche, se la mia attenzione cala, se la mia volontà vacilla, le pozioni evaporano e inacidiscono nelle mie mani.  

 

Ho apprezzato moltissimo il modo in cui la Miller descrive il carattere di Circe, molto diverso da ciò che appartiene all’opinione comune, dove le viene attribuito il titolo di maga e un’accezione totalmente negativa. In realtà, la nostra protagonista è un personaggio ben più complesso, sin dall’inizio mai apprezzato dalla sua stessa famiglia, punita con un esilio immotivato solamente per aver provato ad essere sé stessa fino in fondo. È una donna sola, in grado di donare molto affetto a chi lo desidera, dal carattere empatico e sensibile e dalla forza indomita, che gli permette di resistere a tanta solitudine e disprezzo. Ha sempre una predilezione per gli umani, per il loro essere in bilico sul filo sottile della vita che può spezzarsi da un momento all’altro, ma spesso la sua bontà e generosità non viene apprezzata neanche da loro.

 

Ma non ero Atena. Mi accontentavo di semplici scialli, mantelle e coperte da sistemare sulle poltrone come gioielli. In una avvolsi la mia leonessa e la nominai Regina di Fenicia. Lei si sedette, ruotò la testa da una parte all’altra, quasi vantandosi di come la porpora facesse risplendere d’oro la sua pelliccia.

 

Impossibile non affezionarsi e non entrare in sintonia con un personaggio come Circe, descritto in maniera così delicata, approfondita e dettagliata dall’autrice. Grazie alla Miller scopriamo un lato della maga che non è quello malvagio, ma è ricco di amore e dolcezza, oltre che immenso fascino, sensualità e grande sensibilità. Una donna degna di questo nome, che affronta la solitudine e le difficoltà giorno per giorno, senza mai arrendersi o darsi per vinta. Non è un caso che la scrittrice scelga come animale a lei affine una leonessa, che la accompagnerà per un lungo periodo della sua vita, tenendole compagnia e affiancandola in ogni momento. I felini sono misteriosi, affascinanti e silenziosi, ma all’occorrenza sono in grado di difendersi in maniera egregia, tirando fuori tutta la loro forza, esattamente come Circe: sono l’una lo specchio dell’altra, un riflesso speculare che aiuta il lettore a comprendere meglio la protagonista e vederla sotto un altro punto di vista.

 

Si dice che le donne siano creature delicate, come fiori, come uova, come qualsiasi cosa che possa essere schiacciata in un momento di negligenza. Se mai ci avevo creduto, non era più così.

 

Altri personaggi si intrecciano alla vicenda, arricchendo la trama e il mito stesso: Medea, figlia di Eete e nipote stessa di Circe, che aiuta il suo amato Giasone e gli Argonauti a rubare il vello d’oro, la spietata sorella Pasifae, moglie di Minosse e sovrana di Creta, che mette al mondo il terrificante Minotauro, la dea Atena, capricciosa e vendicativa. Ma c’è spazio per soli due uomini importanti nella vita della nostra ninfa: Dedalo, dalla gentilezza e dal talento ineguagliabile, e il celeberrimo Ulisse. Proprio grazie a quest’ultima figura Circe deve la sua fama, caratterizzata sempre da un velo di malvagità che serpeggia latente: nulla di più lontano dalla natura della nostra protagonista. Il fascino di Ulisse, il modo in cui racconta i suoi viaggi e le sue incredibili avventure farà breccia nel cuore della maga, la quale farà di tutto per tenerlo con sé e cercare di trattenerlo il più possibile ad Eea. Ma alla fine, con grande dispiacere, dovrà cedere ancora una volta al volere degli dèi e farlo ripartire, permettendogli di proseguire la sua missione.

 

Ben presto, nella vita di Circe, tutto cambierà radicalmente: è in arrivo un figlio, Telegono, che le stravolgerà letteralmente l’esistenza, sconvolgendo ogni abitudine e ogni piano che aveva previsto per il futuro. Non sarà facile per lei crescere un bambino da sola, senza alcun aiuto, ma non sarà neanche semplice per il ragazzo, dal carattere socievole e dal carisma innato, adeguarsi alle regole della madre. L’isola di Eea, per lui, è quanto di più simile ad una prigione, data la sua voglia di scoprire il mondo e di conoscere nuovi luoghi, stabilendo legami con le persone. La nostra protagonista, come tutte le madri, preferirebbe proteggerlo da ogni male e tenerlo con sé, ma i desideri del figlio sono ben altri: vuole conoscere il padre, Ulisse, esplorare il mondo ed essere libero di vivere la sua vita senza alcuna costrizione. Ce la farà la nostra ninfa a lasciarlo andare?

 

La sua innocenza riusciva ancora a farmi paura. <<Non ho intenzione di dirglielo. Telegono, questi sono dèi. Devi tenerti i tuoi segreti stretti al petto o perderai tutto.>>

 

Circe la dea, l’immortale, la maga, la donna, la madre, crescerà e si evolverà in maniera graduale e complessa, dipinta dalla penna della Miller in maniera encomiabile: la scrittrice le offre il riscatto che merita, innalza la sua potente figura fino a ricoprirla della gloria e dell’importanza che, fino ad ora, la storia e la mitologia greca le hanno negato. L’autrice ci ha regalato un’opera superba, intrecciando mito e romanzo in maniera encomiabile, incastonando perfettamente ogni evento nello schema della trama, rendendola originale e al tempo stesso accattivante. La nostra ninfa, dipinta da sempre come maga ammaliatrice, viene qui rivalutata e rivista in tutta la sua “umanità”: lei è capace di amare, a differenza delle divinità dell’Olimpo non brama alla gloria e non è smaniosa di potere. Sulle bianche scogliere dell’isola di Eea, tra boschi verdi e rigogliosi, lei è a casa, si sente libera di essere ciò che è e di mostrare la propria natura, sfruttando il suo immenso talento.

 

Per tutti quegli anni avevo combattuto e lottato, eppure c’era una parte di me che era rimasta immobile, proprio come aveva detto mia sorella. Mi parve di udire ancora la voce di quella pallida creatura nell’oscurità degli abissi.

Allora, bambina, creane un altro.

 

Questo libro è stato una vera sorpresa: mi sono identificata con la protagonista ad ogni pagina sfogliata, comprendendo appieno le sue debolezze e la sua forza indomita ed immensa. Poche volte mi sono sentita così vicina ad un personaggio, descritto in maniera minuziosa e dettagliata dall’autrice, di cui si nota la grande cultura e l’interesse verso la cultura greca. Un libro avvincente e ammaliante al tempo stesso, che vi stregherà fin dalle prime pagine e vi trascinerà nel mondo della mitologia greca facendovela apprezzare ancora di più e dandovi modo di conoscere la maga Circe per quello che è: una donna, prima di essere una dea. Un romanzo affascinante, dal sapore classico e dalla scrittura impeccabile, un vero incantesimo che vi rimarrà dentro per sempre.













 

 

 

 

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