Recensione: L’ultimo spartito di Rossini – Simona Baldelli

novembre 18, 2021

Un romanzo biografico, una ricerca precisa e puntuale sulla vita di un musicista straordinario, che ci invidia il mondo intero. Un omaggio a uno degli uomini più grandi della storia della musica di tutti i tempi, scritto nel 2018 dall’autrice Simona Baldelli, anno in cui si è celebrato il 150° anniversario della morte del compositore pesarese.
 

Titolo: L’ultimo spartito di Rossini
Autore: Gioacchino Rossini
Genere: Narrativa/Biografia
Editore: Piemme

 

 

Trama

Scrivere un romanzo ispirato alla biografia di Gioacchino Rossini, nell'anno del 150esimo dalla sua morte, significa complicarsi meravigliosamente la vita. Perché la prima domanda che ci si pone di fronte alla pagina bianca è: cosa si può scrivere di un personaggio di cui si è già detto tutto? Che appartiene all'immaginario collettivo, non solo dei melomani? È stato, probabilmente, l'artista più famoso e osannato di ogni tempo, e già nel corso della sua esistenza. Per lui venne coniato il termine Rossinimania, riferito al periodo in cui si esibì a Vienna. Ogni angolo risuonava della sua musica, le cartoline con la sua immagine andavano a ruba, gli uomini erano vestiti alla Rossini, le donne sospiravano al suo passaggio, i ristoranti avevano piatti a lui dedicati. Una simile smania pervase le altre città in cui visse e lavorò. Tutti volevano frequentare quel musicista gioviale, dalla scrittura facile - compose il Barbiere di Siviglia in meno di due settimane - la battuta pronta, amante della buona tavola. E così viene ricordato ancor oggi: un ilare opportunista, un bon vivant. Ma, di fatto, smise di scrivere opere a 37 anni, dopo il meraviglioso Guglielmo Tell, se si eccettuano alcuni componimenti di musica sacra e strumentale. Cosa portò il musicista più famoso del mondo al silenzio?

 

 

Recensione

Come vi ho già detto in diverse occasioni, mi piace spaziare da un genere letterario all’altro, leggendo anche libri che vanno al di fuori dalla mia “zona di confort” come lettrice. Essendo una musicista, per la precisione cantante lirica, non posso farmi sfuggire l’occasione di condividere con voi questa mia grande passione per la musica e l’opera attraverso il magnifico romanzo scritto da Simona Baldelli, intitolato “L’ultimo spartito di Rossini”. Questo libro è stato pubblicato nel 2018, anno in cui ricorreva il 150° anniversario dalla morte del compositore pesarese. Certo che ci vuole “coraggio” a scrivere un libro su un compositore come Gioacchino Rossini, proprio in un anno in cui viene celebrata una ricorrenza così importante! È per questo che rinnovo i miei complimenti all’autrice, non deve essere stato facile confrontarsi con un “gigante” della musica quale era Rossini, avendo sulle spalle il peso del 150° anniversario della sua morte.

 

Non appena si sente il termine “biografia”, spesso si tende a storcere il naso, ma in realtà non è sempre così: se scritte con uno stile innovativo e scorrevole, diventano piacevolissime da leggere. Il lavoro della scrittrice nei confronti dell’eterno Gioacchino Rossini, a mio avviso, è davvero encomiabile e non lo dico soltanto perché amo la musica e l’opera lirica: quando un libro è ben elaborato, è giusto sottolinearlo e darne merito all’autore. Simona Baldelli è riuscita a rendere il tema della biografia rossiniana più accessibile e leggero, aiutandoci a scoprire anche altri lati della vita del musicista oltre a quello professionale che un po’ tutti conosciamo, mantenendo un perfetto equilibrio tra storia e aspetti romanzati.

 

Passy, 1868. Dov’è finito lo spirito gioviale che un tempo regnava nell’animo di Gioacchino Rossini? La sua allegria, il suo buonumore hanno lasciato il posto a una grande sofferenza, che la moglie Olympe cerca di arginare in ogni modo. Ormai un grave tumore lo sta consumando e il compositore ripensa al passato, alla sua esistenza tumultuosa e all’ultimo periodo della sua vita, in cui aveva deciso di trincerarsi dietro un lungo silenzio lavorativo, lontano dalle scene dei teatri e dalle luci della ribalta. Il suo più grande “rimpianto” è quello di non essere riuscito a scrivere quell’opera sublime e perfetta, in grado di sedurre pubblico e critica, quell’ultimo spartito tanto desiderato che aleggia come un fantasma nella sua mente, dandogli un eterno tormento.

 

“Per essere capace di scrivere così, avrebbe dato tutto quello che aveva: la villa di Passy, la casa di Parigi, le residenze di Bologna e Castenaso, i poderi e, soprattutto, gli ultimi trent’anni di vita che non erano serviti a niente se non a campare a fatica”.

 

E così, il celebre compositore ripensa ai bei tempi in cui scriveva musica e il suo nome significava qualcosa. Dietro l’idea di persona gioviale e allegra che ci siamo fatti nel corso del tempo, si cela in realtà la figura di un “uomo” con cui la vita non è stata molto clemente. Figlio di Giuseppe Rossini, detto “Vivazza” per il suo carattere spiritoso, e della bellissima cantante Anna Guidarini, Gioacchino nacque in quel di Pesaro in un giorno di pioggia fastidiosa. E la pioggia “fastidiosa”, metaforicamente parlando, lo accompagnerà per tutta la vita, fino al momento della sua morte, come un pianto ininterrotto dell’anima, sepolto dietro una maschera che mostra sempre un enorme sorriso.

 

Lei lo prese per mano. «Andiamo in quinta, mio tesoro.» Sul palco c’era la donnona. Stava cantando un’aria con voce di contralto, potente, da far vibrare il pavimento. Gioachino osservò il sipario arrotolato, le corde e le carrucole che reggevano le scene e gli sembrò di stare nel più bello dei sogni. Anche l’odore stantio della polvere era un profumo magnifico. Anna ascoltava la collega con le palpebre abbassate e le labbra dischiuse in un sorriso, mormorando le parole del brano. «Mamma, siete contenta, vero?» le domandò. Lei si chinò su di lui e gli carezzò la fronte. «Il pubblico deve sempre vederci contenti,» mormorò «altrimenti si indispettisce e non ci vuole più bene.»

«E cosa succede se non ci vuole bene?»

La donna sospirò. «La fame, bimbo mio, la fame.»

 

La scrittrice ripercorre le tappe principali della vita del compositore pesarese in maniera attenta e meticolosa, dando molta importanza ai dettagli. Fin dall’infanzia, Gioacchino conobbe cos’è la fame, la povertà, mangiando ogni boccone “a pizghèn”, vale a dire “a pezzettini”, “a piccoli morsi”. Ma, tenendo conto degli insegnamenti di sua madre Anna, Rossini non mostrò mai al pubblico i suoi malumori, i problemi, il suo stato d’animo e i dolori che aveva vissuto. Sul palco non doveva mostrare debolezze o alcuna tristezza, perché “il pubblico voleva vedere gente allegra”.

 

Rossini compose la sua prima opera alla giovane età di quattordici anni, ma il successo tardò ad arrivare. Interessante l’episodio che l’autrice ci racconta riguardo alla descrizione della “prima” dell’opera “Il Barbiere di Siviglia” nel 1816, la quale fu un vero e proprio disastro: per colpa probabilmente dei sostenitori del musicista Paisiello, fu lanciato addirittura un gatto dal pelo rossiccio sul palco per sabotare lo spettacolo! Ma qualche giorno dopo, arrivò il meritato successo e Rossini iniziò una splendida carriera come musicista e compositore. Nel 1822 sposò la celebre cantante Isabella Colbran, riscuotendo un successo dopo l’altro. La sua vita sembrava essere un tripudio di gioia e spensieratezza, contornata dal successo e dal buon cibo, oltre che da tanta buona musica. Rossini scrisse trentanove opere importanti in circa diciannove anni, prima del suo improvviso abbandono del teatro nel 1829. A soli trentasette anni, dopo la meravigliosa opera “Guillaume Tell”, si ritirò dalla vita mondana, continuando a comporre musica per sé stesso e i suoi amici. Nel 1830 si separò dalla Colbran, innamorandosi successivamente della cortigiana francese Olympe Pélissier, che resterà al suo fianco nell’ultima parte della sua vita, quella più dolorosa e difficile.

 

Gioacchino Rossini viene ricordato ancora oggi come un grandioso compositore italiano, amante della bella vita, un vero e proprio bon vivant. Sono tanti i piatti della cucina che portano il suo nome, dal “Filetto di manzo alla Rossini” ad arrivare alla “Torta Guglielmo Tell”, scritta in onore del personaggio dell’opera rossiniana, passando per i deliziosi “Maccheroni alla Rossini” e i numerosi consigli gastronomici. Un’eredità degna di un eccellente gourmet, oltre che di un musicista colto e raffinato. Ma cosa si cela dietro il sorriso che il compositore pesarese nasconde ogni giorno? Quale evento nella sua vita così apparentemente felice lo portò al silenzio? Se si eccettuano alcuni componimenti di musica sacra e strumentale, Rossini, di fatto, smise di scrivere opere a 37 anni, dopo il “Guglielmo Tell”. Come mai questa scelta inusuale e controversa?

 

Simona Baldelli ci parla, prima ancora del musicista, dell’uomo che è stato Gioacchino Rossini, delle sue debolezze, del suo dolore inespresso, concentrandosi anche sulle difficoltà incontrate nella vita dal compositore pesarese. Il tarlo fisso della “calunnia”, sia come parola che come atteggiamento altrui, non lo ha mai abbandonato, lasciandolo vittima dell’invidia nei confronti del suo innato talento. Gli dedicò anche un’aria celeberrima tratta da una delle sue grandi opere, “Il Barbiere di Siviglia”, le cui parole conosco molto bene: da un venticello si insinua sibilando nella mente delle persone sino a diventare potente come un lampo che squarcia una tempesta, come l’esplosione di un colpo di cannone che fa tremare tutti. Quanto è attuale ancora oggi il testo di quest’aria rossiniana? Quante volte ci troviamo noi a combattere contro le calunnie? Immaginate come debba essersi sentito Rossini, nell’eterna ricerca di ottenere il completo consenso del pubblico, cercando disperatamente di scrivere quell’ultimo spartito che gli avrebbe riconosciuto il giusto merito.

 

“La calunnia è un venticello,

un’auretta assai gentile,

che insensibile, sottile,

leggermente, dolcemente,

incomincia, incomincia a sussurrar”

 

Come il migliore dei personaggi delle sue opere buffe, il triste “Cigno di Pesaro” si condannò a vivere dietro una maschera di buonumore e allegria, dietro cui trincerarsi nel suo intimo dolore. La sua vita è stata un vero “crescendo”, proprio come quello che caratterizza le sue opere, con alti e bassi, con periodi di intensa attività musicale che si alternano ad altri in cui l’isolamento è stato l’unico rifugio per la sua anima tormentata. Il Romanticismo che inizia a diffondersi lo spaventa e in parte lo influenza, mettendosi in competizione con l’allegria e la giocosità dell’opera buffa che contraddistingue da sempre il suo stile. Un contrasto che lo porterà a vivere una crisi esistenziale profonda e dolorosa, mentre dall’altro lato ci regalerà perle importanti che rimarranno pagine indelebili della storia della musica italiana, internazionale e mondiale. Un’antitesi che Simona Baldelli è riuscita a rendere perfettamente nella sua biografia rossiniana, facendola diventare un connubio di storia, arte e musica alla massima potenza. Simona, hai fatto uno splendido lavoro, te lo dico col cuore, sia da musicista che da lettrice.

 

Valutazione: 🌟🌟🌟🌟🌟

 

Rachel




 

 

 

 

 

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