Recensione: L’equilibrio delle lucciole – Valeria Tron

agosto 18, 2022

Un romanzo dalla potenza evocativa ineguagliabile, intenso e musicale come pochi, in cui passato e presente si intrecciano al mistero di un amore mai vissuto fino in fondo, custodito in un limbo, racchiuso in un prezioso scrigno dello sgabuzino della dolce Nanà, di una meizoun che profuma di antico, di sapori perduti, di “casa”. “L’equilibrio delle lucciole” è un percorso luminoso all’interno di noi stessi, alla ricerca di un passato perduto e immersi nei ricordi di un tempo lontano, in cui ritrovarci ancora una volta.  

 

Titolo: L’equilibrio delle lucciole
Autore: Valeria Tron
Genere: Narrativa
Editore: Salani Editore

 

Trama

 

L'elegia poetica del quotidiano, come lente di ingrandimento per ridimensionare lo sguardo sulle necessità dell'uomo. La scoperta di una grande narratrice. Una voce limpida che guida alla sorgente delle storie e le rende universali.

Due sono gli equilibri che occorrono: quello naturale e quello intuitivo. Il primo è la costante rigida intorno alla quale tutto muove: le stagioni, l'erba, gli uomini, i campi, e il secondo credo sia nella capacità di ricredersi, per raccontare con occhi nuovi il tempo delle piccole cose.


Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d'amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: 'fare la muta al cuore', come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla - insieme a una bufera di neve - c'è Nanà, ultima custode di casa, novant'anni portati con tenacia. Levì, l'altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l'una dell'altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l'anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.

 

Recensione

 

Per la prima volta, da quando ho aperto questo blog, mi trovo nella situazione di non trovare le parole adatte per descrivere un libro. È una sensazione strana, non mi era mai successo prima d’ora di non sapere cosa dire, di preferire il silenzio a tanti termini complicati che non riuscirebbero comunque a rendere giustizia alla bellezza di questo romanzo. “L’equilibrio delle lucciole”, già il titolo, di per sé, è così evocativo da lasciare quasi senza fiato: da lettrice, ne sono stata immediatamente attratta e, proseguendo nella lettura, mi sono resa conto del perché sentissi questa sorta di “richiamo” verso questo libro.

 

Fin dalle prime pagine sono stata letteralmente rapita da questo splendido romanzo, le parole di Valeria Tron ti scrutano nel profondo facendoti sentire vulnerabile e al contempo protetta, quasi “scaldata” dalla magia di un linguaggio etereo, curato, che accarezza il lettore con delicatezza. Come le carezze di Nanà alla sua Adelaide, carezze piene d’amore e colme di un sentimento inesprimibile con le parole. Come le lacrime di Levì, che provengono da un dolore lungo diversi anni, a cui non vi è rimedio. Vi troverete immersi in un mondo che scoprirete appartenervi, perché è impossibile non ritrovare un pezzo di sé nei personaggi di questo libro, che profumano di un tempo passato ma ancora vivo e presente in ognuno di noi.

 

Adelaide si sente persa e smarrita, deve fare i conti con sé stessa e un amore ormai finito con suo marito Edoardo. Quale posto migliore delle sue amate montagne in Val Germanasca, il luogo in cui è cresciuta, per ritrovarsi? Magari, qualche lucciola le indicherà la strada da seguire… Metaforicamente, la lucciola, il faro che illumina la vita della protagonista è la dolce Nanà, un’anziana signora con cui Adelaide è cresciuta. Tornando nei luoghi in cui da piccola ha vissuto, la nostra protagonista viene assalita dai ricordi di un passato che non l’ha mai abbandonata, torna in contatto con luoghi e persone che hanno formato il suo carattere, che l’hanno plasmata e hanno contribuito a farla diventare la splendida donna che è adesso. La forza di Nanà, nonostante l’età che avanza e gli acciacchi tipici della vecchiaia, le darà la spinta giusta per riprendere il contatto con la vita, quella vera, fatta di piccole cose, di semplicità, di gesti ormai dimenticati tutti da riscoprire.

 

Adelaide tornerà alla luce grazie a Nanà, all’amore sconfinato che prova per lei, intriso di una stima e un rispetto senza eguali. E sarà proprio qui che la nostra protagonista verrà a contatto con un passato che non conosceva, intriso di mistero, di sentimenti veri e sinceri, che coinvolgeranno persone a lei molto care e ormai andate via per sempre. Si può rinchiudere tutto l’amore del mondo in una piccola scatola conservata gelosamente in uno sgabuzino? È proprio qui, in questo piccolo luogo, un’oasi nell’oceano dei ricordi, che è conservato un sentimento dalla potenza quasi devastante, fatto di lettere scritte e mai consegnate, metaforicamente distrutte da una guerra che ha lasciato alle sue spalle solo morte, dolore e distruzione.

 

Ci sono navi che non fanno ritorno. Si perde la vita a guardare l’orizzonte per chi non arriva.

 

Levì e Lena, una passione travolgente, vissuto in gioventù dai due amanti durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Un sentimento sepolto sotto strati di polvere che, come una coltre grigia e spessa, sembrano quasi proteggere la potenza e l’intensità di questo amore mai vissuto fino in fondo, spezzato troppo presto da un conflitto mondiale che non miete solo vittime umane, ma distrugge tutto ciò che trova sul suo passaggio. Adelaide, grazie ai segreti nascosti nello sgabuzino di Nanà, capisce che l’amore può avere mille sfumature, una tavolozza di colori brillanti e diversi tra loro, spesso difficili da accostare, che talvolta nascondono anche risvolti oscuri e dolorosi.

 

Ora Levì vuole tornare a casa, nella sua meizoun: dopo un brutto incidente è ricoverato in una clinica e, data l’età molto avanzata, non vi è nessuno in grado di prendersi cura di lui in una valle sperduta tra le montagne che, pur essendo il luogo in cui l’uomo è cresciuto, al momento nasconde molte insidie. Le vipere del sogno di Nanà non preannunciano nulla di buono, l’anziana donna lo sente, percepisce che è arrivato un cambiamento e quei brutti serpenti che la tormentano negli incubi non lasciano presagire il meglio. Credenze popolari che hanno sempre un fondo di verità, radicate in anni e anni di tradizioni consolidate, di parole che viaggiano di bocca in bocca per rafforzare concetti ormai lontani dal nostro modo di pensare, ma al contempo affascinanti agli occhi di Adelaide, che guarda il tutto con un velo di scetticismo e malinconia. Nanà si batterà con tutta sé stessa per permettere a Levì di ritornare alla meizoun, per donargli il privilegio di rivedere le sue amate montagne, riuscirà nel suo intento?

 

Ti auguro di trovare un’anima così piena d’amore che sappia risuonare ovunque tu sia e riportarti a casa, verso le sue braccia, a dorso di una promessa. So che è possibile solamente se avrai a cuore l’attesa.

 

La nostra protagonista si getterà anima e corpo nella cura di Nanà, di Levì, nel cercare di scoprire fino in fondo i segreti di un passato che non l’ha mai abbandonata e che non deve essere mai dimenticato, a tutti i costi. Daniele la aiuterà nella sua titanica impresa, donandole l’affetto e il supporto necessario per affrontare la delicata fase che Adelaide sta attraversando… vi sarà tempo per l’amore? La “lucciola” Nanà aiuterà entrambi a ritrovare la propria dimensione, guidando i loro passi nella giusta direzione. Io, personalmente, non ho mai avuto la fortuna di vedere all’opera delle lucciole, soltanto qualcuna, oggi sembrano non esserci quasi più. Perché questi splendidi animaletti hanno bisogno di un ambiente puro e incontaminato per crescere, farsi spazio e mostrarsi in tutta la loro bellezza, irradiando luce nel buio della notte. E lo stesso vale per Nanà: ha bisogno di parole vere, di sentimenti sinceri per vivere bene e illuminare il percorso di Adelaide e indicarle la strada da seguire, impedendole di smarrirsi.

 

Quanta immaginazione serve per tenersi in equilibrio quando la vita chiede un’altra danza e tu sei piena di ruggine?

 

L’autrice, con un linguaggio curato, quasi etereo, ricco di descrizioni dettagliate, ha dato vita ad un vero capolavoro. Vi sembrerà di trovarvi davvero nella Val Germanasca, immersi tra le montagne valdostane, a sorseggiare un tè caldo per scaldarvi in una fredda giornata d’inverno. Valeria Tron, oltre ad evocare ricordi, li potenzia attraverso l’uso del Patois, lingua quasi dimenticata al giorno d’oggi, attribuendola a Nanà: lei parla e si esprime solamente nel suo dialetto, del quale è impossibile non apprezzarne la bellezza. L’autrice ha fatto un lavoro encomiabile, permettendo comunque a tutti di comprendere le parole dell’anziana signora e rendendo accessibile anche alle persone che non sono del luogo di comprendere ciò che si sta dicendo.

 

Inutile dirvi che ho apprezzato tutti i personaggi, nessuno escluso, a partire dalla protagonista sino ad arrivare alla dolce Nanà, passando per Levì, Lena, Granpapà, Daniele e molti altri: ognuno di loro ha un ruolo prestabilito, ben definito, caratterizzato con encomiabile maestria. Quella che più mi è entrata nel cuore, però, è stata Nanà: leggendo questo romanzo, vi renderete conto che è impossibile non amarla. Pian piano, l’anziana e dolce signora si farà spazio nel vostro cuore in punta di piedi, silenziosa e rispettosa come solo lei sa essere, per arrivare dritta ai vostri ricordi. Perché è qui che punta Nanà, ai ricordi, a quelli più profondi, magari sepolti sotto strati di polvere e custoditi nello scrigno di un passato lontano. Vi entrerà con delicatezza, portando a galla nel mare dei ricordi le vostre nonne, le vostre zie, persone per voi importanti appartenute a un altro tempo, strappandovi un sorriso e anche qualche lacrima.

 

La morte è un battito che manca. La vita, un battito inatteso.

 

La musicalità insita nelle parole scelte da Valeria è inequivocabile: ogni aggettivo, ogni termine sembra che sia stato scelto per un motivo, che non è soltanto di natura letteraria. Avete presente quella sensazione di pienezza che percepite durante la lettura di un romanzo ben scritto? Non è soltanto frutto di scelte lessicali precise dal punto di vista linguistico, ma anche musicali: ancora una volta, la musica è la base di tutto, anche di un libro. Cantare è un “parlare” più dolce e ogni lingua ha una sua musicalità particolare. Valeria, attraverso le parole, canta la storia di Nanà, di Adelaide, facendoci ascoltare la melodia delle loro vite. E credetemi se vi dico che la mia, in questo caso, non è deformazione professionale: essendo cantante anch’io, sono portata a percepire quando elementi come questi sono presenti, ma non mi è mai successo di sentire una tale carica emotiva e musicale in un romanzo. Sicuramente è frutto anche del fatto che Valeria Tron è una splendida cantautrice e ha deciso di rendere accessibile a tutti il suo amore per il canto e la musica anche attraverso le parole.

  

Tutti abbiamo la nostra Nanà, volenti o nolenti, magari a volte non legata a noi da un legame di sangue. Nanà è le nostre nonne, le nostre zie, le signore di un tempo che con una forza inaudita e un coraggio senza eguali hanno combattuto contro le ingiustizie della vita, uscendone sempre vittoriose, in qualche modo. Valeria Tron, attraverso metafore emozionali, descrizioni dettagliate ed evocative, bussa delicatamente alla porta dell’anima, chiedendo di entrare nelle vostre vite, con rispetto e discrezione. Aprite le porte del cuore, fidatevi di lei, abbandonandovi al potere delle parole e lasciandovi trasportare in un racconto dal sapore dolceamaro, che vi resterà dentro per sempre. Credetemi se vi dico che, alla fine della lettura di questo romanzo, non sarete più gli stessi, perché è impossibile rimanere inermi di fronte a tale bellezza. E la vostra Nanà, da profondo del cuore, come una piccola lucciola discreta e silenziosa, vi accompagnerà in questo viaggio dalla potenza evocativa ineguagliabile, facendovi sentire che non siete soli e guidando i vostri passi fino alla fine.

 

“Ma dammi la mano e torna vicino Può nascere un fiore nel nostro giardino Che neanche l'inverno potrà mai gelare Può crescere un fiore da questo mio amore per te…”

 

A mano a mano – Rino Gaetano




 









 

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